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CATANIA – CRONACA DI UNA GIORNATA IN CATTEDRALE

Immagine del redattore: Daniela GiuffridaDaniela Giuffrida

Di Daniela Giuffrida

Dopo oltre due mesi, le 20 famiglie provenienti dai quartieri disagiati della città e “ospitate” dalla Curia di Catania all’interno della cattedrale di piazza Duomo, non si arrendono al freddo e continuano a resistere, decise a farlo finchè, dall’Amministrazione Comunale e dal Sindaco in persona, non arriveranno soluzioni concrete.

Le abbiamo lasciate in Cattedrale prima di Natale, le venti famiglie provenienti da diversi quartieri periferici della città delle quali abbiamo parlato QUI e, tornando a trovarle, immaginavamo che una Amministrazione sensibile ai bisogni della cittadinanza, come la nostra (SIC!), avesse risolto e provveduto almeno a qualcuno dei loro bisogni. E così ieri mattina siamo andati a trovarle.

foto di Mara Trovato


Piazza Duomo straordinariamente pulita (forse per la visita del Presidente Mattarella?) faceva bella mostra di se, come i magnifici palazzi che si affacciano maestosi su piazza Duomo e sulla “fontana dell’elefante”, simbolo della nostra città. Unica nota stonata, gli striscioni dei “disagiati”, posizionati lì dove li avevamo già visti a novembre e poi ancora a dicembre, segno che nulla è cambiato: loro continuano a manifestare il loro disagio, tutto il resto tace.

A dire il vero, non è così, non tutto tace: ieri è sembrato per un istante che le cose stessero degenarando.

I FATTI

Arrivati in cattedrale, intorno alle dieci del mattino, incontriamo già sul sagrato qualcuno dei nostri amici disagiati. Dentro la basilica non ci stupisce vedere come tutto sia rimasto invariato dalla nostra “visita”prenatalizia: nella solita navata di destra, solita pila di materassi, mentre quelli posizionati in terra sono perfettamente in ordine. Affaccendate a rendere pulito quell’angolo di “mondo” solo alcune mamme e poi, i loro bambini.

Due bimbe, due cuginette di tre anni ciascuna, giocano su un materasso, uno dorme sereno mentre la sua mamma lo accarezza adagio, un’altra mamma cambia un pannolino, mentre il bimbo che nella nostra visita di dicembre mi aveva “offerto” una bottiglia d’acqua, adesso avvicinandosi e sorridendomi prova a propormi il suo ciuccio.

Intorno alle 11 del mattino, entrano dei ragazzi accompagnati dai loro insegnanti, passano davanti alle mamme che continuano a fare le loro cose e si soffermano davanti alla tomba di Vincenzo Bellini. Mentre il loro insegnante racconta delle suggestionanti note del “cigno di Catania”, qualche sguardo distratto si volge in direzione delle mamme, ma dura solo qualche istante, scivola addosso alle stesse per tornare al resto del gruppo; poi i ragazzi proseguono il giro per il resto della Cattedrale.

Una vecchietta dal fondo della navata mi raggiunge, mi accarezza una spalla e mi chiede: “ma allora non ne avete speranze…”. Il tono della sua voce è davvero rammaricato e nei suoi occhi due lucciconi la dicono lunga sul suo stato d’animo nel vedere quelle maternità distorte, obbligate dal bisogno a sacrifici così grandi: perchè, la si racconti come si vuole, ma vivere per oltre due mesi accampati a quel modo non è possibile se non si è spinti da un bisogno urgente e “reale”!

Nel frattempo, accompagnate da un sacerdote che non riconosco subito, arrivano due signore distinte che si presentano e si dicono preoccupate per la salute dei due fratellini che nelle scorse settimane han dovuto ricorrere alle cure dei sanitari. Le due signore, che si rivelano dopo un po’ essere dell’Ufficio Minori della Questura, propongono alla loro giovane mamma di lasciare la cattedrale e trasferirsi in una casa famiglia dove potrà stare insieme ai figli. Soluzione che sembra apparire ottima finchè la nonna dei bimbi non fa presente che la figlia lavora durante il pomeriggio, per cui sarà lei a prenderne il posto nelle ore pomeridiane. Qui cambia tutto: la nonna potrà andare a trovare i bambini ma non potrà accudirli perchè di questo potranno occuparsi SOLO la mamma o gli educatori della Casa Famiglia.

foto di Mara Trovato


C’è qualcosa che non torna: la mamma ci ripensa e le due signore cambiano tono alla loro voce, trasformandolo in categorico e ripetono che “i bambini qui non possono stare!”.

Appena le due signore vanno via, nasce una sorta di trambusto fra le mamme che si spostano fuori sul sagrato della chiesa, nella piazza, parcheggiate sotto Palazzo dei Chierici, diverse pattuglie della Polizia. Capannelli di persone discutono animatamente mentre, volgendo lo sguardo indietro, verso la scalinata della Cattedrale, si fa presto a capire che gli striscioni sono stati “strappati via” dalle forze di Polizia, l’accusa: intaccano il “decoro” della città. Al loro posto restano, ciondolanti solo i resti delle corde che li assicuravano al perimetro del sagrato.

Ci chiediamo cosa si intenda per “decoro” della città, se si debba considerare un insulto allo stesso, l’apposizione di quattro striscioni sulla piazza o non piuttosto l’esistenza di vere problematiche esistenziali, apparentemente senza soluzione degna di tale nome, per queste famiglie.

foto di Mara Trovato


Alle tredici la cattedrale chiude i battenti e chi c’è, c’è! Stampa e affini, veniamo invitati da Sua Eccellenza in persona ad accomodarci fuori e non ci viene permesso di assistere alla riunione che dopo qualche minuto si sarebbe tenuta all’interno, con le due signore di cui sopra, tornate in cattedrale. A nulla è servito chiedere di assistere nè chiedere di poter salutare quelle mamme: “la cattedrale è chiusa, per il pubblico riapre alle 16.00, buona giornata!”

Come avevano detto, non lasceranno la Cattedrale i disagiati, non ostacoleranno i festeggiamenti della Santa Patrona ma non andranno via. Forse le posizioni delle famiglie sono diverse fra loro, forse bisognerà trovare una soluzione diversa per ognuna di loro, forse si troverà loro sistemazione d’emergenza presso B&B della città, forse… forse…

Di certo c’è che presto usciranno “i cannalori” e i festeggiamenti agatini avranno inizio: “CITTADINI, EVVIVA S. AGATA!“

NOTA

Ci sembra utile, rendere nota di seguito una dichiarazione di Claudia Urzì che, a nome delle Federazione Del Sociale USB, dichiara quanto segue:

“Anche a Catania il diritto all’abitare rientra nella logica retorica dell’emergenza, in un territorio, tutta la Sicilia, dove non esiste ancora un piano di edilizia sociale. Retorica dell’emergenza che alimenta quelle soluzioni temporanee e precarie, sulla cui base sono cresciuti i circuiti speculativi, spesso mafiosi, che condannano ad una condizione di perenne precarietà interi settori sociali di Catania.

Come Federazione del sociale USB Catania abbiamo espresso sin da subito la nostra solidarietà alle famiglie che si trovano all’interno della cattedrale e continuiamo a chiedere il giusto abitare e non soluzioni che hanno solo lo scopo di rendere invisibile la loro lotta. Inoltre, chiediamo il blocco di tutti gli sfratti e gli sgomberi esecutivi per morosità. Difendiamo e rilanciamo il ruolo delle case popolari come vero e proprio salario indiretto. Difendiamo il diritto all’abitare per un piano casa a Catania e in Sicilia”.

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