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Immagine del redattoreDaniela Giuffrida

Quando muore un bambino

di Daniela Giuffrida

Ancora due naufragi al largo delle coste greche, ancora bambini travolti da onde crudeli in un Mediterraneo assassino, abbandonati da gelide correnti su spiagge “straniere”.

La storia del piccolo Aylan Kurdi, morto annegato lo scorso 3 settembre insieme alla sua mamma e al fratellino Galip di 5 anni, ha fatto il giro del Web, ha emozionato uomini di stato e fatto inorridire le coscienze di milioni di persone.

Il piccolo dalla maglietta rossa, trovato col faccino riverso sulla sabbia della spiaggia di Bodrum, in Turchia, aveva solo tre anni, con la sua famiglia scappava da un paese in guerra, come altre centinaia di persone che ogni giorno si mettono in viaggio per cercare di raggiungere il nord Europa.

La sua storia aveva commosso il mondo intero, dunque e sembrava avesse aperto un varco nei cuori “granitici” dei politici europei: sembrava che questi volessero impegnarsi ad arginare il flusso delle partenze e lo stillicidio di morti, ma così non è stato e sono stati alzati muri e barriere di filo spinato e le carrette del mare hanno continuato, instancabili, a trasportare il loro carico di speranza e di morte annunciata.

Così ancora tredici bambini, sono annegati al largo delle isole di Kalymnos e di Rodi, nella notte tra il 29 ed il 30 ottobre e altri undici lo scorso mercoledì al largo dell’isola di Lesbo.

Tantissimi altri sono stati soccorsi e portati in salvo ed altri ricoverati per ipotermia, ma anche questi, sebbene sopravvissuti, sono vittime di un “gioco” a cui sicuramente avrebbero preferito non partecipare.

I bambini, sono sempre loro a pagare per gli errori degli adulti: vittime innocenti di una crudeltà priva di ragione oltre che di qualsiasi giustificazione.

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Bambini come giocattoli rotti, sotto le macerie palestinesi; mandati a  combattere ed uccisi in Ucraina; violentati ed arsi vivi nel sud del Sudan; conchiglie vuote trascinate dalle correnti, prede innocenti e cibo per pesci in un Mediterraneo saturo di disperazione e di speranze annegate.

Anche gli adulti muoiono e ne muoiono a migliaia. La morte è, di per sé, un episodio estremamente doloroso per quanti sono legati da vincoli affettivi alla persona che scompare. La morte di ognuno di questi bambini, non è un evento devastante solo per la famiglia alla quale appartiene, non è solo una vita che svanisce nel nulla: ogni bambino che muore porta con sé l’innocenza, i sogni e le speranze del proprio popolo, ne porta via le aspettative di vita ed il futuro stesso.

Se un bambino non diventerà adulto è un progetto di vita, una potenzialità che verrà meno: non sapremo mai, infatti, che adulto sarebbe diventato, cosa avrebbe fatto da grande. Forse sarebbe stato uno sbandato, forse un letterato illustre, forse solo un povero disgraziato o forse avrebbe risolto i problemi dell’intero pianeta, insomma, NON LO SAPREMO MAI.

Un bambino che muore per l’indifferenza, la negligenza o, comunque, per colpa degli adulti, ci rende tutti responsabili e vittime al tempo stesso e rappresenta un fallimento per l’Umanità intera.

* Immagine in evidenza tratta dall’ ultimo reportage di Andy Rocchelli, assassinato in Ucraina il 24 maggio 2014 da un colpo di mortaio, mentre era insieme al suo l’interprete russo.

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