Dal Movimento NO MUOS una presa di posizione forte e decisa su quanto sta avvenendo nel nord della Siria. Una regione quella del Rojava abitata da sempre dal popolo curdo e da diverse altre minoranze etniche. Un popolo “senza stato”, quello del Rojava, ma è riuscito lo stesso a debellare le forze dello Stato islamico, realizzando un processo rivoluzionario straordinario che vede grandi protagoniste, le donne.
Il Movimento NO MUOS si schiera a fianco delle popolazioni aggredite e chiede un duro “boicotaggio”a quella che è l’economia di guerra turca: “impediamo la vendita di armi − “gridano” forte gli attivisti, nella loro nota che pubblichiamo integralmente − esigiamo la cessazione dei rapporti diplomatici con la Turchia.”
“Il Movimento NO MUOS è a fianco delle popolazioni della Siria del Nord in questo momento sotto l’attacco militare delle forze armate turche con l’avallo degli Stati Uniti e della NATO. Nella regione del Rojava, nel nord della Siria, vivono da sempre popolazioni di etnia curda, assieme ad altre minoranze (assiri, armeni, yazidi, cristiani, arabi, turcomanni, ecc.). Nel corso del lungo conflitto tra Stato siriano e Stato islamico, che ha coinvolto anche gli stati limitrofi, in Rojava è stato messo in atto un processo rivoluzionario con al centro le donne, l’ecologia, l’autogoverno amministrativo e l’autodifesa armata. Grazie a questo la regione ha potuto costruire diversi anni di pace, rimettere in piedi l’economia, definire rapporti di eguaglianza reale di genere, realizzare la convivenza attiva tra le varie etnie e fedi religiose presenti. Un esperimento rivoluzionario che ha permesso anche la giusta determinazione nella lotta contro l’Isis, appoggiato dallo Stato turco, da sempre nemico giurato dell’autodeterminazione del popolo curdo.
La lotta delle milizie combattenti curde, femminili, maschili e miste, è stata il vero punto di snodo nella vittoria contro lo Stato islamico. Vittoria a cui hanno contribuito anche le forze dei contingenti internazionali. La decisione di Trump di lasciare il terreno di confine occupato dalle sue truppe è stato un chiaro segnale di via libera al governo “dittatocratico” di Erdogan, che non vedeva l’ora di invadere la Siria del Nord per cancellare a suon di bombe e missili l’esperienza di autogoverno in atto e sostituire le popolazioni da sempre vissute in quelle terre con milioni di profughi arabi, attuando una vera e propria pulizia etnica. Tutto questo è già in atto.
L’ONU, l’UE, i singoli governi delle diverse potenze mondiali e regionali, rispondono con chiacchiere e minacce fumose alla guerra scatenata dallo Stato turco che già sta mietendo centinaia di vittime. I curdi, ancora una volta lasciati soli, traditi, si stanno difendendo tenacemente: in ballo non c’è solo la loro vita, ma anche la loro libertà, la loro autodeterminazione, la loro esperienza rivoluzionaria oggi tra le più avanzate al Mondo nel tentativo di costruzione di una società senza classi, senza sfruttamento, senza discriminazioni di genere o religiose. Se ogni guerra è orribile e va ripudiata, quella in atto al confine tra Siria e Turchia, nelle aree curde, è qualcosa di peggio, perché non è la guerra tra due potenze, tra due governi, tra due sistemi capitalistici, ma tra una dittatura malamente camuffata e tuttavia ben pagata dall’occidente, che ci fa affari e la usa per mantenere bloccati milioni di migranti, e una popolazione infinitamente più piccola, malamente armata, ma forte della volontà di resistere e di desiderare quel Mondo nuovo che stava cercando di concretizzare.
L’UE ha finanziato con sei miliardi di euro il macellaio terrorista Erdogan per sequestrare milioni di profughi siriani e kurdi, ignorando per anni la violazione dei loro diritti umani e il diritto d’asilo, nonostante l’eroica resistenza kurda abbia sconfitto il dilagare dei terroristi dell’Isis.
Noi che siamo in prima linea nella lotta contro il militarismo, in Sicilia incarnato dal MUOS e dalle basi militari USA e NATO, ci sentiamo colpiti come le popolazioni della Siria del Nord dall’arroganza della Turchia e dalla complicità più o meno velata degli Stati e dei loro organismi internazionali, compreso quello italiano. Questa guerra ci riguarda e ci consideriamo mobilitati a fianco delle popolazioni aggredite. Boicottiamo l’economia di guerra turca, impediamo la vendita di armi, esigiamo la cessazione dei rapporti diplomatici con la Turchia.
Viva la resistenza delle milizie di autodifesa della Siria del Nord e di tutto il popolo sotto attacco. NO PASARAN!”