Di Daniela Giuffrida
Si è svolto ieri mattina presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, alla presenza di diversi rappresentanti del mondo della politica, un incontro voluto dal già sindaco di Messina, Renato Accorinti, per presentare alla Stampa la sua proposta di pace che verrà inoltrata al Comitato Internazionale Olimpico.
Si è presentato sereno come sempre il “sindaco pacifista” nella sala stampa della Camera dei Deputati: ha dalla sua parte la convinzione della giustezza della sua proposta oltre al consenso e la condivisione di tutte le forze politiche con le quali si è già confrontato. Nelle sue mani una bandiera raffigurante il simbolo della pace, inserito all’interno di ognuno dei cinque cerchi olimpici che rappresentano i cinque continenti uniti nello sport. La sua è una proposta di cambiamento, in linea con i venti di guerra che soffiano ovunque sul pianeta: inserire il simbolo della pace in ogni cerchio della bandiera olimpica, per far volare lo Sport oltre ogni differenza razziale, oltre ogni possibile torto o ragione e – così come deve essere – oltre la guerra, la sofferenza e lo sterminio di popoli. Ci piace ricordare che i sei colori (compreso il fondo bianco) della bandiera olimpica sono quelli presenti nelle bandiere di tutto il mondo, escludere anche un solo paese dai Giochi, significa rendere fragile il concetto di universalità dello Sport. Ma il C.I.O. è già stato costretto – da altri paesi partecipanti – ad escludere gli atleti Russi e Bielorussi dalle Paralimpiadi in corso a Pechino; mancano due anni alle Olimpiadi di Parigi del 2024 e quattro a quelle invernali “MILANO-CORTINA” in Italia, ma il presidente del CONI, Malagò, ha già fatto intendere in questi giorni di “avere messo nel conto l’assenza della Russia dai prossimi Giochi”.
– Allontanare la Russia dalle Olimpiadi è un segnale importante ma può servire a risolvere la questione russo-ucraina? Domandiamo ad Accorinti, raggiunto telefonicamente.
– Vede, l’esclusione di un paese dai Giochi deve essere la giusta conclusione di un pensiero generale che mette in primo piano un “principio” preciso e categorico: l’umanità intera ACCETTA e STABILISCE che i Giochi siano un mezzo per sospendere una guerra, indurre le parti in causa a sedersi ad un tavolo e trattare per raggiungere la pace. Lo Sport può e deve intercedere fra i popoli perché la pace prenda il sopravvento su biechi interessi politici, economici e quant’altro. Questo discorso non riguarda SOLO la Russia ma tutte quelle nazioni che invadono altri territori. Il C.I.O. deve inserire un articolo nel suo Statuto che diventi “strutturale”. Un articolo in cui afferma che qualunque Stato compia un invasione è fuori dai Giochi. PACE E OLIMPIADI SONO UN TUTT’UNO e questo deve servire da indirizzo e da monito contro la guerra. Perché non puoi far guerra ad un altro stato e, contemporaneamente, competere con lui in maniera pulita, come se nulla stesse accadendo. Credo che questo concetto sia fin troppo chiaro, come chiaro e semplice è il senso della mia proposta, lo è talmente tanto che ha coinvolto con entusiasmo e senza difficoltà tutti i politici dell’arco costituzionale a cui l’ho illustrato.
– Dunque bisogna fissare un limite, una linea rossa da non oltrepassare altrimenti si è fuori dai Giochi olimpici?
Esatto, OLIMPIADI-GUERRA E’ UN OSSIMORO, bisogna che sia chiaro a tutte le nazioni che Olimpiadi e Pace sono un tutt’uno, così che nessuno possa dolersi della propria esclusione da una competizione sportiva che invece mira alla Pace e alla condivisione della stessa.
– Ma questa “linea rossa” riguarderà soltanto la partecipazione alle Olimpiadi?
No, questa “linea”, non dev’essere superata in alcun modo da alcun paese che intenda partecipare alle Olimpiadi o a qualsiasi altra competizione sportiva internazionale. “O la rispetti o sei fuori” credo sia un gesto concreto che può servire a costruire la pace.
– La sua è una proposta che nasce da un suo preciso impegno civico.
Sì, ma credo sia importante che vada a toccare le corde più profonde di ciascuno di noi, che si appartenga o meno ad un partito politico o si sia semplici cittadini. Ho ragione di credere, comunque, dai riscontri favorevoli già ricevuti, che ne potrà nascere una decisione comune a tutta la politica italiana: credo che questo darà maggiore forza al presidente del CO.N.I. che potrà proporla con maggiore serenità al C.I.O.
– Ma escludere la Russia dai Giochi non può essere intesa da quel paese come una “sanzione” a cui rispondere con nuove ritorsioni?
– Se non rispetti queste condizioni sei fuori dai giochi, non vuol dire “ti punisco”, vuol dire: riponi le armi, crea un tavolo di discussione, trova un accordo e torna a “giocare” col resto del mondo!”, vuol dire spingere le popolazioni trascinate in guerra a reagire e a chiedere ai propri governanti che trattino con i loro “nemici” e trovino il modo di sanare la questione.
– Quindi suggerisce uno “stop” per tutti i paesi che fanno della guerra una bandiera.
– Un divieto assoluto che deve diventare suggerimento a rivedere le proprie posizioni e venire a più miti consigli, tutto qui. Del resto già i Greci avevano capito l’importanza dei giochi per l’unificazione dei popoli e non a caso avevano “inventato” quella tregua olimpica che mai alcun “nemico” osò violare in oltre 290 edizioni di Giochi, nella Grecia antica.
A proposito dei Greci, vediamo qualche cenno storico.
Da quando Coroibo di Elis vinse i primi giochi ad Olimpia nel 776 a.C, superando i suoi avversari nell’unica gara sportiva contemplata – una corsa di 180 m – e per i mille anni successivi, cioè fino all’avvento dell’Impero romano e del Cristianesimo nel 393, le Olimpiadi conservarono il loro iniziale carattere religioso e celebrativo. Già allora, vigeva una regola non travalicabile: durante le gare, ogni conflitto armato veniva sospeso, così che la gente di ogni parte della Grecia potesse recarsi indisturbata ad assistere ai giochi. Ma quel principio di “tregua olimpica” tanto caro ai Greci non venne preso subito in considerazione dal francese Pierre de Coubertin il quale, profondamente convinto dell’importanza educativa dello sport e nella speranza di riunire sotto un unica bandiera atleti di ogni razza, religione e credo politico, riunì a Parigi nel 1894 il primo Comitato Internazionale Olimpico (C.I.O).
La tregua non venne presa in considerazione neanche dai delegati delle 12 nazioni che, accogliendo la proposta del barone francese, stabilirono che la prima edizione delle Olimpiadi della età moderna avrebbe avuto luogo ad Atene nel 1896. L’assenza di quel principio dalla “Carta Olimpica”, determinò la sospensione di ben tre edizioni delle Olimpiadi: quella del 1916, del 1940 e del 1944. Dal 1992 le cose sono cambiate ma la “cattiva politica”, quella fatta di pregiudizi, esclusioni e proteste, si è spesso insinuata nei Giochi Olimpici condizionandoli negativamente. Negli ultimi 100 anni sono stati molti i condizionamenti che hanno “contaminato” lo spirito olimpico:
Berlino 1936: le quattro medaglie d’oro dell’afro-americano Jesse Owens e l’imprevedibile amicizia con il tedesco Luz Long che, con alcuni suggerimenti tecnici aiuta lo stesso Owens a superarlo sul podio: un’amicizia che irrita Hitler al punto da fargli rifiutare di stringere la mano del campione afroamericano, e di consegnargli di persona le medaglie d’oro vinte.
Londra 1946: l’esclusione della Germania e del Giappone dai giochi.
Melbourne 1956: le proteste dovute alla “Crisi di Suez”.
Città del Messico 1968: gli attentati per diritti civili massacrati. Vengono uccisi 200 manifestanti a Tlatelolco
Sempre a Città del Messico in quella edizione dei giochi, Tommie Smith e John Carlos protestano contro il trattamento riservato ai cittadini neri da parte del loro Paese. Salgono sul podio a piedi nudi e durante l’inno nazionale americano sollevano il pugno con un guanto nero, chinando la testa.
Monaco 1972: otto terroristi di Settembre Nero entrano di soppiatto nel Villaggio Olimpico e uccidono due membri della squadra israeliana. Ne prendono altri nove in ostaggio, che usano per contrattare per il rilascio di 200 prigionieri palestinesi. Al fallito tentativo della polizia tedesca di liberare gli ostaggi, i palestinesi reagiscono uccidendoli tutti.
Montreal 1976: circa due dozzine di Paesi, principalmente africani boicottano i giochi spostando i riflettori mondiali sulle politiche di apartheid del Sud Africa.
Mosca 1980: Usa e altre 65 nazioni (tra cui Canada, Israele, Giappone, Cina e Germania Ovest) protestano per l’invasione sovietica dell’Afghanistan, avvenuta un anno prima e non si presentano ai Giochi.
Los Angeles 1984: La Russia rende la “cortesia” agli Usa e ne boicotta le Olimpiadi, adducendo come motivazione la “mancanza di condizioni di sicurezza per la delegazione sovietica”, vista la guerra fredda in atto.
Rio de Janeiro 2016: il CIO crea una squadra olimpica di rifugiati provenienti dalla Siria, dal Sud Sudan, dall’Etiopia e dalla Repubblica Democratica del Congo.
Pyeongchang 2018, ventidue atleti nord coreani prendono parte ai giochi facendo “squadra” con atleti sud coreani e marciano insieme sotto un’unica bandiera di unificazione, raffigurante la loro penisola.
Dall’amicizia fra Owens e Long ai pugni al cielo di Smith e Carlos e fino ai giorni nostri, passando per l’obiezione di coscienza e il rifiuto di partecipare alla guerra in Vietnam di Muhammad Ali (nato Cassius Clay) – decisione che gli costò la galera e la perdita del titolo mondiale conquistato tre anni prima – la storia dello sport mondiale è costellata di episodi in cui l’amicizia fra gli atleti si fa sostanziale e il rifiuto alla guerra predomina su qualsiasi sentimento volto invece a giustificarla. E’ ora, dunque, che lo Sport “ufficiale” prenda una posizione netta e inequivocabile contro la guerra e induca a costruire la pace, laddove il conflitto sembra impossibile da sanare, proprio come accadeva nell’antica Grecia sebbene, a quel tempo, le tregue si rispettavano soltanto nel periodo in cui si svolgevano i Giochi.