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Le ciliegie di Maria

  • Immagine del redattore: Daniela Giuffrida
    Daniela Giuffrida
  • 23 mag
  • Tempo di lettura: 7 min

(Fra alberi, capriole e mascherine anti-ossigeno)




Ore 14.00 passeggiata intorno alla vecchia villa immersa nei campi di grano della bassa padana.

- Oh, ma guarda che belle le ciliegie, come sono grandi, sembrano rosse abbastanza, ne raccogliamo un po’?

- Certo che sì, ma lo faccio io, tu sta’ buona lì dove stai.

Maria ride divertita (come fa a muoversi se sta comodamente seduta sulla sua sedia a rotelle?)

- Prendine qualcuna in più che così la porti al tuo nipotino.

- Che bel pensiero, grazie Maria, ne sarà felice.

- Che belle, dai, dai prendine ancora! Guarda quelle due, uhhhh come son rosse, saranno dolcissime!

I suoi occhi brillano come farebbero quelli di una bimba di 8 anni, ma la mia amica Maria ne ha appena compiuti 88. La tarda età e gli acciacchi ad essa legati la costringono su una sedia a rotelle e a tanta noia. Vado a trovarla spesso, giochiamo a carte, le leggo un giornale, prendiamo il tè e lei, per quanto brontolona - non le piace perdere a carte e a volte bara ma tu fai finta di niente - quando vede che mi preparo ad andar via, immediatamente mi domanda con quel suo dialetto che sa tanto di romagnolo: ma alooooora, adesso quando vieni a trovarmi ancora?“

Ma torniamo alle sue ciliegie.

L’albero è stracarico di frutti rossi ma ha ragione Maria, quelle due sul ramo più basso sono davvero mature. Lascio la sua sedia e faccio un passo verso il ramo. Immediatamente, però una strana sensazione di “pericolo” mi fa rabbrividire: ho giusto il tempo di girare il capo verso la mia amica e vedere le ruote della sua sedia muoversi pian piano seguendo una leggera pendenza della pavimentazione, pendenza della quale non mi ero assolutamente accorta.

Mi giro spaventata verso lei che, vedendo la mia faccia terrorizzata, comincia a preoccuparsi, ad agitarsi. Proprio quello che non dovrebbe fare, anziché usare le mani per fermare le ruote (sa e può farlo) comincia ad agitarle per aria: così facendo dà essa stessa una spinta maggiore alle ruote che continuano a scivolare all’indietro.

Maria è spaventata, io più di lei! Faccio un tuffo che il vecchio Klaus (Dibiasi) sarebbe rimasto a bocca aperta! Afferro con la mano sinistra il bracciolo destro della sedia e mentre questa si “appoggia” delicatamente contro la casetta che sta proprio alla fine della piccola pendenza, la mia mano destra agguanta l’aria e stramazzano in terra: lei, il mio ginocchio e anche tutto il resto di me. A questo punto, per evitare di tirarmi dietro la sedia e la stessa Maria, lascio la presa faccio una capriola su me stessa e rimango ferma a fissare le nuvole sopra di me e a ridere come una scema. Maria ride più di me!

"Soccia, sei agile però!" Grrrrrrr... giuro, la picchierei!

Tutto bene quel che finisce bene - direbbe qualche buontempone – manco per niente dico io! Quando finalmente mi metto in piedi vedo sangue sul mio mignolo destro e una forte divaricazione dello stesso e... il ginocchio, perché si è sbucciato” se i Jeans non hanno riportato traumi? Ommmmmiodddio e la spalla? E perché il gomito è escoriato anche lui?

Insomma riaccompagno in casa la mia amica, che sta benissimo e racconta con aria di circostanza al marito ignaro ciò che era appena successo. Poi le do un bacino e le dico: “dai, ci vediamo presto!” e lei: “e quando vieni a trovarmi ancora? “

Io le rispondo ridendo: “Tornerò presto, vedrai, non appena avrò rimesso tutte le mie ossa a posto!”

Prima di tornare a casa passo da casa di mia figlia, ho delle ciliegie da portare al suo bambino.

Lei guarda la mia mano e mi dice: “Va subito a fare una radiografia ‘sta mano non mi piace!”

Raggiungo la “Casa della salute”, un centro efficiente ma privo di Pronto Soccorso, lo stesso medico di guardia mi consiglia di raggiungere il P.S. più vicino che in realtà si trova a 30 km, metro più, metro meno.



Arrivo alle 22:29 (questa l’ora di registrazione) e mi viene affibbiato un codice verde: ok, ci sta, c'è una marea di gente che ha sicuramente problemi più seri dei miei. Io, però, ho molto male al mignolo che non sanguina più ma è terribilmente gonfio e tumefatto. Alle 00:29 una fitta al ginocchio mi ricorda che anche lui è messo maluccio. Le due ore d'attesa previste per il mio codice sono appena trascorse ma io, paziente (rassegnata?)come mai, mi metto in modalità "attendichéprimaopoisiaccorgonodite" in silenzio, ma in realtà comincio a spazientirmi e a bestemmiare in aramaico antico e moderno!

Scaglio tutte le benedizioni possibili a chi si diverte a tagliuzzare qua e là i soldini destinati a coprire le spese di una Sanità Pubblica per favorire i propri amici e/o affini "PRIVATI ” o addirittura li destina ad un riarmo assurdo per un paese che “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali eccetera, eccetera...eccetera!” o, ancora peggio, li utilizza per finanziare paesi amici ma assassini di popoli inermi e poi "costringe" due soli medici a tenere aperto un Pronto Soccorso di una grande città!

Perfino suo “zio BENITO” si vergognerebbe della sua in-attività politica! Sì, perché di attività politica non vi è traccia in questo governo (non che in quella del suo "parente" ce ne fosse, ma quella è un'altra storia!)!

Io ho fatto il classico e posso dirlo forte (Ironia, amica mia, saltami addosso!) e se è vero - e lo è! - che πόλις (POLIS) vuol dire “città”, in tutte le sue accezioni, cioè una comunità in cui gli interessi dei cittadini vengono al di sopra di tutto. Se è vero - e lo è anche questo! - che per πόλις si intende una comunità di individui LIBERI, con un PROPRIO governo (e quindi non soggetto a ricatti e giochini del cavolo organizzati dal potentastro di turno!); NON soggetto a schiavitù né morale né di fatto, un luogo che gode di leggi e di una organizzazione sociale INDIPENDENTE! Ecco, ditemi: in questo paese dei campanelli (dove tutti stanno a guardare, si indignano ma continuano a votare come votano!) la Polis dov’è, e chi governa questo paese di quale altra Polis fa gli interessi??? Davvero non lo sappiamo???




Ore 1:10 = colpo di tosse: signora vuole una mascherina? Signora VUOLE UNA MASCHERINA!! Annuisco intimorita e indosso la famosa “celestina chirurgica” che fa tanto decantato ex-covid-19.

1:30 = la tosse non passa, la mascherina mi distrugge l’apporto di ossigeno e respiro a fatica mentre il dolore al dito si allarga alla mano.

1:52 = protesto con la poverina che sta all’accettazione e faccio presente che sto lì dalle 22:00. E lei: “pazienti, vedrà che fra un po' la chiamano”. Pazientare…che verbo è, quando annaspi dentro una mascherina, la tosse ti divora, la tua mano bestemmia e hai pure fame e sonno??? La vecchietta asmatica di fronte a me, mi guarda impietosita: “Ma come, non l'hanno ancora chiamata?”, “No, signora - le rispondo – ma vedrà che adesso mi chiamano.

2:05 Quindi, cos'è successo? Cosa le fa male?- “Dottore, quando sono arrivata alle 22 era solo il mignolo, a mezzanotte e mezza è partito il ginocchio, adesso è tutta la mano e il ginocchio non smette di far male!”. Riassumo in poche parole come ho fatto a procurarmi questo scempio.

- “Va bene fra un po' la chiamano per la lastra 

2,35 lastre fatte. “Allora posso andare – domando ormai pronta al collasso alla stessa operatrice di prima - no dobbiamo valutare e poi domattina torna per vedere l'ortopedico”.

2,45. Anziché venire l’infermiera che ti riferisce il verdetto del medico (così ho visto fare per tutta la notte e quasi per tutti i presenti), la voce del medico risuona forte nel grande spazio adibito a Triage, fa il mio nome ed io penso: perché mi chiama lui? Sarà perché gli han detto che ho protestato un paio di volte e si vuole curare in salute? Oppure sa che sono ormai votata al martirio essendo una delle ultimissime presenze in sala?

L’infermiera che mi aveva risposto prima, sta zitta accanto a lui, lui guarda il computer, serio.

La mia pietas “sempiterna” mi spinge a chiedere alla donna: “Ma quanta stanchezza riuscite ad accumulare in un turno così lungo e devastante?”. Lei mi sorride: ”Tanta!”

E che diamine non c’è gusto ad arrabbiarmi con loro, che colpa ne hanno se il triage era pieno di gente ed io avevo solo un “codice verde”?

Sarà questo segnale di empatia o ciò che ha letto sul pc dove sono regolarmente registrata io e anche la mia professione, resta il fatto che ad un certo punto il medico, sembra rilassarsi e mi da mille spiegazioni su cosa le radiografie hanno evidenziato. Mi dà una prognosi di 7 gg., poi la terapia a base di antidolorifici e anti infiammatori e mentre lo ringrazio e mi alzo lui sorridendo mi domanda: “Che lavoro fa lei, signora? “

Gran figlio di buona donna (con tutto il rispetto per la tua mamma!)... tu sai benissimo che lavoro faccio (sono schedata anche da voi!) e sai bene che scriverò di questa notte, e sai ancora meglio che racconterò dell’ interminabile attesa, della stanchezza sui visi degli operatori, del disagio dei pazienti! Tu hai letto la mia scheda e sai che “lavoro” faccio!

E alooooora (imparo il romagnolo anch’io!) e allora sì, scrivo di te, della tua stanchezza e della tua preparazione, del tuo impegno messo sotto-torchio e dello stress che accompagna i gesti dei tuoi operatori perché non si può gestire in così poche persone un Pronto Soccorso che copre una zona tanto vasta! Non si può fare un turno allucinante e servire con serenità una cittadinanza che ogni giorno ha bisogno di cure e si aspetta risposte da una Sanità che invece annaspa fra le morse delle “tenaglie” che le stanno togliendo ogni energia.

Comunque sia, grazie Dottore di cui non conosco il nome e grazie agli operatori, compreso il tipo che mi ha imposto la mascherina: aveva assolutamente ragione.

 



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