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Immagine del redattoreDaniela Giuffrida

Agata a San Marino – Fra culto e leggenda

di Daniela Giuffrida

Si concluderanno nella tarda mattinata di oggi i festeggiamenti dedicati a sant’Agata, la “santuzza”, patrona di Catania.

Quasi quattro giorni di intensi festeggiamenti che hanno portato migliaia di fedeli, curiosi e  turisti, provenienti da tutta la Sicilia e da diverse parti del mondo, a seguire il fercolo della Santa, nei due “giri” (esterno ed interno) attraverso i quartieri del capoluogo etneo.

Agata, la quindicenne catanese, morta a seguito delle torture subite per ordine del proconsole romano Quinziano il 5 febbraio del 251 d.C., non è

soltanto la patrona di Catania ma anche di Malta e della Repubblica di San Marino, di quest’ultima, è compatrona insieme allo stesso San Marino.

La leggenda fa risalire la fondazione della minuscola Repubblica, proprio a Marino, uno scalpellino originario di Arbe, in Dalmazia.

Questi, fuggito insieme a Leone, anche lui tagliapietre, dalle persecuzioni contro i cristiani ordinate dall’Imperatore Diocleziano, giunse a Rimini nel 257 d.C. Ben presto, però, entrambi i futuri “santi”, dovettero fuggire ancora: Leone si rifugiò sul Monte Feliciano (o Monte Feltro) dove edificò anche una chiesa; Marino si rifugiò, invece,sulla cima del monte Titano. Qui esisteva una piccola comunità di cui il santo divenne subito il punto di riferimento. Quando il figlio della padrona di quella contea, donna Felicita, si ammalò, il tagliapietre, ma anche taumaturgo, Marino, lo curò ed egli guarì. Per ringraziarlo, donna Felicita regalò al santo quel terreno intorno al monte Titano, un terreno fertile, su cui si sviluppò il primo nucleo della futura “repubblica” sanmarinese. Ma fece di più, Marino, con una semplice frase pronunciata sul letto di morte, dettò poche parole che divennero il fondamento dell’indipendenza della piccolissima Repubblica.

Relinquo vos liberos ab utroque homine” – disse  – ovvero: “vi lascio liberi da entrambi gli uomini”; intendendo: liberi dall’Imperatore e dal Papa,

Scrive Chiara Macina per Zoomma.News qui

“Il 5 febbraio di ogni anno i sammarinesi festeggiano la liberazione dall’ occupazione alberoniana che sconvolse, se pur per breve tempo, anche l’ordinamento sammarinese. In sintesi i motivi che conducono all’episodio alberoniano risiedono nella condotta di alcuni discutibili personaggi: il cittadino Pietro Lolli, il borghigiano Marino Belzoppi che con altri si fanno promotori di diffamazioni nei confronti dei governanti, accusandoli di dispotismo e auspicando il ritorno all’Arengo per moderare la loro prepotenza. I Capi di questa spedizione vennero inquisiti in Consiglio e accusati di ribellione, vennero incarcerati ma il Belzoppi e il Lolli esibirono patenti della Santa Casa di Loreto, nella loro qualità di “chierici”, domandarono di essere giudicati da un tribunale ecclesiastico. Al rifiuto del Governo, tramite l’aiuto di parenti, si rivolsero al Legato di Romagna, indirizzandogli una supplica nella quale evidenziavano come la Repubblica fosse in mano a pochi despoti e lamentando la situazione dei molti sammarinesi, stanchi di imposizioni e tirannie desiderosi di passare sotto il dominio della Santa Sede. Si aprì un contenzioso tra autorità ecclesiastiche e governo sammarinese e si offrì al Legato, in nome dell’autorità pontificia il pretesto di intervenire nei confronti di una delle ultime autonomie all’interno dello Stato pontificio.

La Repubblica rifiutò di cedere i patentati. Arrivò in Repubblica il Cardinale Alberoni, strappato dal Segretario di Stato il Cardinal Firrao il permesso di procedere “cito e sine strepitu” in fretta e senza chiasso.

Il Cardinale infatti, dopo aver imposto forzatamente il dominio della Chiesa sulla Repubblica, nominò in San Marino un Governatore provvisorio, che fu Gaspare Fogli, per l’innanzi Governatore in Sant’Arcangelo di Romagna.

Il Governatore era il responsabile esterno, che doveva rispondere al Legato medesimo. Licenziati quindi i soldati dei quali si era servito per l’occupazione, lasciati solamente in San Marino un Bargello con alcuni sbirri per servizio del Governatore, convocato il 28 ottobre il Consiglio, che aveva riportato a 60 membri, aggiungendovi alcuni membri da lui stesso approvati, mise in possesso della carica il Governatore, inviò al card. Firrao, Segretario di Stato di Clemente XII la lettera di sottomissione dell’antica Repubblica della Santa Sede, senza che ritenesse necessaria l’approvazione del Consiglio.


Nella medesima seduta furono presentati gli Ordini e Provvedimenti promulgati dall’Alberoni per la Terra di San Marino nei quali era stabilito fosse retta da un governatore, nominato dal Legato di Romagna, come dal medesimo venivano nominati il Cancelliere Civile e Criminale, il Fiscale ed il Bargello.

Il Governatore doveva essere il Giudice delle cause civili e di prima istanza, mentre in seconda istanza giudicava un Dottore da eleggersi dal Magistrato, ed in caso che fossero discordi le due sentenze occorreva ricorrere in ultimo appello alla Legislazione. Spettava al Governatore anche il giudizio nelle cause criminali entro i limiti stabiliti per gli altri governi pontifici. Il Consiglio era composto da 60 Consiglieri, distinti in tre ordini: venti scelti tra gli abitanti di Città, venti fra quelli del Borgo ed altri venti in rappresentanza del Contado.

Il Consiglio non poteva riunirsi, nonchè all’insaputa, senza la presenza del Governatore (che aveva a disposizione due voti), e poteva solo occuparsi di materia economica e di fare, ai tempi debiti, l’elezione e conferma dei salariati. Dal numero dei 60 veniva estratto a sorte ogni 2 mesi il Magistrato composto di 3 soggetti, il primo con il titolo di Gonfaloniere, doveva appartenere al primo ordine, gli altri due  con quello di Conservatori, l’uno al secondo l’altro al terzo ordine rispettivamente. Diverse le modifiche che apportò l’Alberoni alle istituzioni: riportò a 60 il numero dei Consiglieri, abolì la Reggenza sostituendola con un Gonfaloniere e due Conservatori, creò un Governatore nominato direttamente dal rappresentante romagnolo dello Stato Pontificio.

Il 5 febbraio 1740 il Cardinale Enriquez, inviato dal Papa restituiva ai sammarinesi la libertà. La mattina di tale giorno si riuniva il Consiglio grande e Generale e qui il Legato pontificio alla presenza degli antichi Consiglieri faceva leggere i decreti da lui formulati per la restituzione della libertà.

A norma delle istruzioni ricevute da Roma, si stabilì che il numero dei Consiglieri fosse ricondotto a 60, come risultava d’altronde dagli

antichi Statuti. E si stabilì che tale numero non si potesse cambiare senza voto del pieno consiglio Grande e Generale, che per la validità delle deliberazioni occorresse almeno la presenza di 30 Consiglieri, derogando in ciò alla disposizione degli Statuti che ne richiedevano 40 “per motivo della difficoltà che s’incontra adunarsi il Consiglio in maggior numero”.

Dopodichè l’Enriquez provvide a completare il numero dei Consiglieri mancanti: conservati gli antichi Consiglieri, altri ne conferò anche di quelli eletti dall’Alberoni.

Ordinò poi che si confermassero buoni rapporti con il vescovo di Montefeltro nel rispetto dell’autorità spirituale.

Volle che venisse promesso che non fossero molestati i colpevoli delle passate turbolenze al fine di assicurare la concordia cittadina.

Tutti i Consiglieri sottoscrissero i decreti, obbligandosi a stare sotto la protezione della Santa Sede a norma delle Convenzioni già sottoscritte al tempo di Clemente VIII (1603) e di Urbano VIII (1627).

Ordinò infine al suo Cancelliere di leggere il decreto con cui, a norma del Breve pontificio, restituiva a San Marino l’antica libertà. Fu questo il momento culminante delle seduta consigliare. Il Cardinale il dì 8 febbraio partiva da San Marino dopo aver consegnato in Archivio copia autentica che ancora si conserva degli atti riguardanti la liberazione.

Il 5 febbraio 1740, era giorno di Sant’Agata, per omaggiare questa ricorrenza la Santa venne proclamata copatrona di San Marino, raffigurata sulla facciata del Palazzo del Governo tra San Leo e San Marino, e ogni anno in questa data si svolge una processione, dal santuario di Borgo Maggiore viene portato a spalla in una processione religiosa, la statua della Santa sino alla Pieve. Questa cerimonia, in omaggio alla tradizione, si svolge con qualsiasi tempo, secondo la leggenda un anno a causa di una nevicata molto copiosa, non ebbe luogo e il giorno successivo si trovarono le orme della santa sulla neve, da allora, si svolge con qualsiasi tipo di tempo.”


Foto di Giovanna Serena Coco e dal Web

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