Di Daniela Giuffrida
E mentre il treno arrancava lento, attraversando la grigia pianura, lei posò lentamente il suo calice, guardò l’uomo in bianco che la guardava, chiuse il suo libro con un sottile, compiaciuto sorriso, sfilò gli occhiali, poi indossò i suoi guanti di seta bianchi e si alzò lentamente, distogliendo il suo sguardo dallo sguardo di lui.
Si mosse adagio, dunque, verso il suo misterioso compagno di viaggio e, senza una parola, gli passò accanto.
Lui la guardava avvicinarsi leggera.
Divertito e sornione, aspettava un suo gesto, un saluto, che non arrivò.
Lei gli passò accanto e le sue vesti sfiorarono il suo ginocchio che non si ritrasse, sembrava quasi stesse aspettando quel leggero contatto.
Si soffermò un attimo, la signora dal cappellino bianco.
Poggiò il suo libro sul tavolino, accanto alla mano di lui e al suo calice di cristallo, nel cui fondo, un sorso di prosecco occhieggiava ancora. Ritirò la sua mano sottile e, senza guardarlo, uscì dal vagone ristorante e scese da quel treno che si era appena fermato nei pressi di una stazione sconosciuta.
Lui la vide scendere e la guardò andar via, senza una parola: sapeva che qualunque gesto non sarebbe servito a fermarla.
Prese il libro che lei aveva lasciato sul suo tavolo, in apparenza distrattamente e lo guardò: sulla copertina un titolo “Il gioco degli specchi”.
Ripose sul tavolo il libro e prese il suo prosecco, sorseggiò adagio, volgendo il suo sguardo verso il finestrino: il resto del mondo scorreva silenzioso oltre quel vetro grigio, come in un vecchio film in bianco e nero.
Si sentì solo, l’uomo in bianco, mentre altri volti senza storia gli scivolavano addosso, senza sfiorarlo.
*foto dal web