di Genio Chiara
Sono lontani i tempi in cui la classe intellettuale italiana si addossava responsabilità politiche e sociali. Politici corrotti, una classe dirigente schifosa. Critica spietata su testate giornalistiche nazionali. Dibattiti a distanza tra menti aperte tanto da apparire, centinaia e continuando così migliaia di anni dopo, profetiche, sulla violenza del mondo.
Faccia a faccia, mettendogliela persino, la faccia.
Dieci anni. Dieci anni che mi guardo intorno e mi chiedo: come mai nessun artista si schiera da qualche parte? Una qualsiasi. Ci si sforza al massimo con qualche canzonetta dalla rima forzata alla Lucianone, grande stile “buonanotte all’Italia deve un po’ riposare tanto a fare la guardia c’è un bel pezzo di mare”, che non mi sento in grado di cantare, grande soprattutto nel prezzo dei concerti, chiaro invito alla partecipazione dei vostri eventi all’Italia bene. Gridare semmai. Artisti italiani, ma dove siete rintanati? E’ la vergogna ad ammutolirvi? Oppure vi hanno promesso montagne d’oro ed è più conveniente il silenzio?
In questa scena desolante, trovo questa missiva di Stefano Benni, che stimavo quando ero un giovin lettore ma che non sono più riuscito a leggere nella maturità perché, insomma, poca roba in confronto alla letteratura vera e propria del nostro Paese e del mondo in generale. Benni che, non ho capito perché sul suo sito si faccia chiamare il Lupo (della serie: il lupo perde il pelo ma non il vizio?), non ritira un premio, in quanto a consegnarglielo sarebbe stato il signor Franceschini, ministro della Repubblica Itagliana.
La sua motivazione: il governo taglia, non finanzia abbastanza la cultura. Lo fa, dicevo, con una missiva di qualche riga, perché la questione vale duecentoquindici parole appena, duecentodiciassette con la sua firma. Il blando tentativo di schierarsi noncapiscodaqualeparte è del tutto vanificato dall’errato assioma nostrano del tutto è “a pagamento”. Vuoi cultura? Pagala. Lo Stato taglia i fondi? Al diavolo, come faccio a crearmi una cultura? E allora, caro Stefano Benni dei miei vent’anni, non ti fermare ad una mezza verità, vai fino in fondo.
La cultura non ha bisogno di convenzioni statali, ha bisogno di menti aperte, che credano in essa, nella libertà della divulgazione. L’Italia non ha bisogno di polemica, ha bisogno di tornare a credere, ha bisogno di una rivoluzione culturale con principi fondati nella storia, di cui dovremmo essere orgogliosi, e sulle nostre capacità.
Stimoli, stimoli, stimoli…
Mi spiace, non basta lasciare lì un premio e prendersela con il governo, additando un ministro sui social network.
Di seguito la lettera.
Gentili responsabili del premio De Sica e gentile Ministro Franceschini, vi ringrazio per la vostra stima e per il premio che volete attribuirmi. I premi sono uno diverso dall’altro e il vostro è contraddistinto, in modo chiaro e legittimo, dall’appoggio governativo, come dimostra il fatto che è un ministro a consegnarlo. Scelgo quindi di non accettare. Come i governi precedenti, questo governo (con l’opposizione per una volta solidale), sembra considerare la cultura l’ultima risorsa e la meno necessaria. Non mi aspettavo questo accanimento di tagli alla musica, al teatro, ai musei, alle biblioteche, mentre la televisione di stato continua a temere i libri, e gli Istituti Italiani di Cultura all’estero vengono di fatto paralizzati. Non mi sembra ci sia molto da festeggiare. Vi faccio i sinceri auguri di una bella cerimonia e stimo molti dei premiati, ma mi piacerebbe che subito dopo l’evento il governo riflettesse se vuole continuare in questo clima di decreti distruttivi e improvvisati,privilegi intoccabili e processi alle opinioni. Nessuno pretende grandi cifre da Expo,ma la cultura (e la sua sorgente, la scuola) andrebbero rispettate e aiutate in modo diverso. Accettiamo responsabilmente i sacrifici, ma non quello dell’intelligenza. Comprendo il vostro desiderio di ricordare il grande Vittorio De Sica, e voi comprenderete il mio piccolo disagio. Un cordiale saluto e buon lavoro
Stefano Benni