di Daniela Giuffrida
Un vecchio pezzo di Celentano, lo ascoltiamo in assoluto silenzio, Luciano, Fabio ed io.
Già dalle prime note, il volto di Raffaella prende forma, il suo sorriso si materializza e sembra illuminare la stanza: adesso “Principessa” è con noi e mentre Fabio prepara la moka e la mette sul fuoco, “Principessa” sorride, accarezza la fronte del suo Luciano, scostando i suoi lunghi capelli neri, poi siede fra noi.
“…. e mi manca un po’ il respiro, se ci sei c’è troppa luce.. La mia anima si spande come musica d’estate..” le note scorrono lente, l’emozione è fortissima e Luciano comincia a parlare, prima adagio, si schiarisce la voce, poi il tono cambia e diventa forte, quasi arrabbiato: dobbiamo parlare di “Principessa” lo spettacolo è imminente, solo due giorni e andrà in scena in quel campo San Teodoro della sua Librino, dove per l’ ultima volta ballò con lei, era l’estate del 2012 ed era la “festa della luna”.
“Raffaella è arrivata in un momento particolare della mia vita – racconta Luciano – era settembre del 2009, io non stavo molto bene, venivo fuori da una delusione “amorosa” molto forte che mi aveva distrutto psicologicamente e da poco avevo cominciato a scrivere per “Ucuntu”, una testata giornalistica online che ebbe però breve vita, restò sul web solo due anni infatti.”
“Avevo deciso di scrivere un pezzo su quanto stava accadendo al Centro Servizi Amministrativi (una volta Provveditorato agli Studi) di Catania – continua, rovistando fra i suoi ricordi, Luciano – Erano giorni caldi, quelli della riforma Gelmini, erano stati decisi tagli per 8 miliardi di euro in tre anni, nei fondi destinati al mondo della scuola, dell’università e della ricerca e vi era grande agitazione negli uffici provinciali scolastici, di fatto “occupati” da quelli del Comitato di Sostegno Catania (CSC) un gruppo in cui convergevano le proteste di insegnanti, docenti e amministrativi di ogni ordine e grado. Io ero già nei locali del CSA e avevo cominciato a raccogliere notizie e testimonianze dai presenti, quando mi venne presentata Raffaella che, nel frattempo, era arrivata.”
“Raffaella Maria Carrara, insegnante di lettere di sostegno… – il volto di Luciano cambia espressione, un’ ombra di orgoglio mista a dolore cocente sembra posarsi sul suo volto come un velo leggero, poi fa una smorfia, un gesto veloce con le mani, accende la sua ennesima sigaretta e riprende il suo racconto – Lei era la mia “principessa”, la mia ragione di vita, aspettare il suo messaggio, vedere quella lucina verde accendersi sul monitor del mio pc, mi dava una gioia infinita, vederla, accarezzare il suo sorriso, mi regalava la felicità “vera”, quella che non puoi descrivere, che non puoi capire, se non la vivi.”
E parla e racconta Luciano Bruno, giornalista antimafia che porta ancora sul viso i segni di un’ aggressione subita da un gruppo di mafiosetti di quartiere (non avevano gradito che la sua macchina fotografica guardasse “dove non doveva”), giornalista e attore senza copione, dalla forza espressiva dirompente, attore che non recita ma racconta, in monologhi struggenti in dialetto siciliano, esperienze vissute legate alla sua Librino, alla sua vita privata.
Il tempo scorre veloce, Celentano ha smesso di cantare e Fabio mette sul fuoco un’altra moka. Le ultime note si sono spente ma Luciano, come un fiume in piena, continua a raccontare di lei, della sua compagna volata via il 24 maggio scorso in un giorno di primavera, uno di quelli caldi, uno di quelli che solo una primavera siciliana sa regalare.
“Principessa” è ancora qui, con noi, ci ascolta parlare di lei e sorride: per lei, sabato prossimo, un posto riservato in prima fila, una sedia vuota che vuota non sarà.