di Daniela Giuffrida
(2 agosto 2014 – ore 4.39)
Io: “Buonasera signora, mi scusi, mi sono persa. Mi indica la strada per Linguaglossa?”
Lei (giovane signora che sta riponendo la sua monnezza nell’apposito contenitore): “Linguaglossa, eh? SSSSi, dunque, vediamo…. ma lei dove deve andare?”
Io (penso ma che le frega? Le ho detto Linguaglossa: che ce vò, sarà qui da qualche parte…): “dunque signora, io dovrei raggiungere Linguaglossa per poi proseguire per Fiumefreddo da dove, se la trovo, mi infilerò nell’autostrada per Catania e finalmente potrò andarmene a dormire nel mio lettone, certo, dopo aver dato da mangiare al mio gattino che a quest’ora piagnucola perchè ho dimenticato di preparagli la cena.”
Lei (sorride intenerita): “ah… c’ha un gattino… e come mai non gli ha lasciato da mangiare? Sarà uscita di fretta. Sa, io volevo un gatto ma mio marito mi ha regalato un cagnolino. Certo il cane ha bisogno di più attenzioni, ma siccome lui è disoccupato, se la sbriga lui. Sa, se non lavoravo me ne sarei occupata io, visto che è stato un suo regalo, avrebbe pensato che non lo avevo gradito… certo forse era meglio non portarlo a casa, per fortuna mia madre ci aiuta.”
Io: “e certo, signora con la crisi che c’è. Meno male che almeno uno che lavora in casa c’è e poi se non ci fossero le mamme – le sorrido – Del resto, mia cara signora, al cane basta una sola persona che lo porti fuori, no? Senta, ma tornando a Linguaglossa, che mi dice?”
Lei ride (secondo me, mi sta pigliando per il c.): “si giusto, Linguaglossa. Alllllooora signuruzza, mi faccia pensare. Sssi! Lei deve andare dritto, sempre dritto, alla seconda traversa, gira a dritta (e con la mano indica la sua destra ) poi prosegue ancora dritto e poi a dritta ancora. Insomma sempre a dritta deve andare e poi incontra la statale che la porta dritta dritta a casa sua e al suo gattino… che poi, sono le due poverino, si sarà addormentato senza mangiare.” e fa una smorfia di disappunto che sa tanto di rimprovero.
Io le sorrido: “grazie signora, mi saluti il suo cagnolino.”
Lei mi sorride: “è stato un piacere, signora, mi saluti il suo gattino e venga a trovarmi se ripassa da queste parti.”
Vado via, sempre dritto e a dritta e raggiungo la “statale” per Fiumefreddo.
Sorrido ancora quando mi fermo alle prime case di Linguaglossa per lasciar passare una grossa volpe che attraversa la strada, trascinandosi dietro un sacco azzurro pieno di monnezza. Lo trascina adagio fino a raggiungere un posto più sicuro dove potrà analizzare e gustarsi il contenuto del sacchetto. Sono ferma nella strada buia, una folata di vento freddo mi sbatte in faccia attraverso il finestrino aperto, sono fredde le sere in montagna, sparisce il mio sorriso e chiudo il finestrino.
Mi piace la mia gente, questi siciliani piccoli, troppo spesso poveri ed in difficoltà, gente buona e disponibile che non rinuncia mai ad un sorriso se ti rivolgi loro con un sorriso.
Penso alla loro voglia di vivere al meglio anche se con poco e di raccontarsi anche gli aspetti più poveri e insignificanti di una quotidianità da “vinti” che nulla ha da spartire con i “Vinti” di memoria verghiana. Piccoli uomini e donne che riescono a trasmettere emozioni e a tirar fuori le proprie storie solo in cambio di un sorriso.
Rivedo ancora il sorriso della signora del cagnolino e mi sento piccola piccola, mentre un vago senso di colpa mi chiude lo stomaco: se solo sapesse cosa mi ha condotto dalle sue parti e quanta spazzatura, la cui presenza e impossibile tollerare, è a due passi dal suo cagnolino…
La volpe ha trovato ciò che cercava dentro il grosso sacchetto azzurro e con un salto è oltre il muro di cinta di una casa colonica abbandonata, riparto e premo sull’ acceleratore della mia auto, ho bisogno di andare a casa: sono un po’ stanca.
*foto: Daniela Giuffrida